Portarmi dietro un pensiero nel cuore. Questo faccio da sempre.
Questo condiziona la mia vita e il mio modo di essere. A volte diviene un’ansia
incontrollabile che sembra dovermi schiacciare. A volte invece ha le tinte
sbiadite di un ricordo, nemmeno troppo delicato, che ritorna e mi fa
rabbrividire. Tutto ruota attorno a esso, in quei momenti, e tutto sembra ruotare
attorno a me. A volte invece si trasforma in pregiudizio e allora non esistono
che parole aspre da scagliare in faccia a chi mi è vicino…o a me stesso. Essere
il peggior peccato commesso da una persona. Il su unico cruccio. L’unico vero
errore. Non esistono privazioni troppo dure o sacrifici abbastanza grandi per
cercare di porvi rimedio. Perché, semplicemente, rimedio non esiste. La sua
voce spesso ritorna chiara alla mie orecchie. Profonda o sottile come una
carezza, quando invece dovrebbe essere uno schiaffo. E allora sorrido. E mi
volto indietro sapendo di essere seguito. E mi fermo per permetterle di
raggiungermi. Ma la verità è che IO non sono un ricordo. Io non sono nessuna
voce, nessuna carezza. Resto un errore. Gigantesco. Eppure dentro di me rimane
una certezza. Che lei non è ciò che appare e che testardamente dice di essere.
Per me lei continuerà ad essere e resterà per sempre la donna che ho visto il
giorno in cui per la prima volta le regalai esperienza. Gli occhi luminosi, la
fronte lucida rivestita di piccole perle trasparenti. E la voce tremante,
uguale a quella di sua madre, che né io né lei abbiamo mai conosciuto, ma che
in quel momento sapevo, stava parlando attraverso la sua bocca. La fermai
mentre scappava e si allontanava spaventata e le presi il viso tra le mie mani
che in quel momento sentivo enormi e protettive, come mai più mi sarebbe
capitato. E le baciai le labbra, in un gesto di affetto e tenerezza. Capii che
avrei vissuto per pochi altri momenti, importanti come quello. Da allora ancora
sto aspettando. I miei occhi sono pieni delle lacrime che lei non ha voluto
versare, quando doveva. E le mie gambe, le braccia, il corpo intero vibrano al
ricordo di qualcosa che solo lei ha vissuto. È la mia meravigliosa condanna
questa. Essere uno dei pochi che sa, e per questo non poter pretendere nulla
più che brutalità. E rimorsi. E terrore, che di notte ancora provo quando penso
alle sue scelte. Non rimpiango nulla del mio passato, perché questo
significherebbe dire addio per sempre a un periodo che è stato la mia vita
intera. E che mi ha reso ciò che sono. Rimpiango di essere stato e, di
continuare ad essere nei suoi pensieri, la causa del suo unico dolore. Non
verrò mai affrancato per questo, e le spalle già mi si stanno incurvando sotto il
peso che mi schiaccia. Sono già stato dimenticato, e lo sarò di nuovo perché
nulla di ciò che ho dato è stato accettato. Nulla di ciò che ho sentito,
corrisposto. Ma non rimpiango neanche questo. L’unica cosa che ancora mi fa
male è che il suo ritorno ha cancellato una parte del mio dolore che adesso,
che è di nuovo lontana, non sembra tornare. Eri il mio dolore. Il pensiero
fisso che ispirava e cancellava le mie giornate. Non pensarmi non mi ha mai
fatto dimenticare. Eri il mio privilegio. Perché potevo pensarti e piangerti e
compatirti e urlare anche. Perché eri il volto del mio dolore. E potevo farlo.
Potevo illudermi che fosse la sofferenza a costringerti a me lontana. Che le
mie lacrime erano versate dai tuoi occhi, e che i tuoi pensieri erano dedicati
in cuor tuo a me. Mi hai tolto questa certezza, l’hai vestita di dimenticanza.
Mi hai privato della mia malinconia, che ormai era un’amica, e mi hai lasciato
solo con colpe che dovrei provare e che invece non sento mie. Questo è il
peccato più grande che hai commesso. Mi hai lasciato nudo nell’anima e col
cuore vuoto. Perché ora so che non posso piangere per te, perché tu non lo hai
mai fatto. Perchè ora so che non c’era nulla che ci costringeva lontani, solo
una scelta. Perché, infine, ora so che non sono stato nulla… se non un pensiero
da portarti per sempre nel cuore.
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